Estremisti indonesiani “manipolano” il conflitto a Gaza
per promuovere l’islam radicale
per promuovere l’islam radicale
Mathias Hariyadi
Una minoranza fondamentalista lancia una propaganda per enfatizzare lo scontro fra cristiani e musulmani in Medio Oriente. Marce di protesta, bandiere bruciate, una casa adibita a sinagoga e negozi di catene americane prese d’assalto a East Java e nelle Sulawesi centrali. Aiuti umanitari dall’Indonesia ai palestinesi della striscia.
Jakarta (AsiaNews) – Gruppi fondamentalisti islamici utilizzano la crisi palestinese per enfatizzare lo scontro fra cristiani e musulmani in Medio Oriente e promuovere una visione dell’islam integralista in Indonesia. La denuncia viene da attivisti per il dialogo interreligioso e rappresentanti delle minoranze, i quali riferiscono di appelli al Jihad da parte di movimenti estremisti, una escalation nelle proteste e la visione distorta sulle ragioni del conflitto in Palestina in una frangia consistente di musulmani indonesiani. Fra gli estremisti vi sono la Hizb ut-Tahrir, movimento mondiale che mira a ristabilire il califfato, e il Front Pembela Islam, Fpi.
Negli ultimi giorni vi sono state dimostrazioni, bandiere bruciate, boicottaggio di prodotti e marche statunitensi e la “chiusura” di una abitazione privata adibita a sinagoga. Lo scorso 7 gennaio un migliaio di manifestanti - appartenenti a 21 organizzazioni musulmane - hanno indetto una marcia di protesta a Surabaya, capoluogo della provincia di East Java. Essi hanno innalzato bandiere palestinesi intonando slogan e canti, poi hanno dato fuoco a bandiere israeliane e americane. Hanno anche mostrato uno striscione che invitava a “boicottare tutti i prodotti americani e israeliani”, poi hanno marciato in direzione di un negozio della catena di fast-food Mc Donald’s. Da ultimo si sono diretti verso una abitazione in centro città – trasformata in luogo di culto ebraico – e ne hanno chiuso con i lucchetti le porte di ingresso. “Volevamo mostrare la nostra solidarietà ai fratelli musulmani di Gaza, vittime dell’attacco di Israele”, commenta Kiai Hajj Abdus Somad Buchori, membro della sezione locale dell’Islamic Ulemas Council (Mui), organizzazione che ha promosso la manifestazione nell’East Java.
Analoga dimostrazione si è svolta nelle Sulawesi Centrali: anche in questo caso vi sono stati appelli al boicottaggio dei prodotti americani ed è stato preso di mira un fast-food della Kentucky Fried Chicken Restaurant. Il negozio è stato prima danneggiato, poi chiuso per tre giorni in segno di “solidarietà” per i palestinesi di Gaza.
Il tentativo di estremizzare il conflitto in Terrasanta su basi confessionali preoccupa la maggioranza musulmana moderata del Paese e le organizzazioni di attivisti. Anche l’ex presidente indonesiano Abdurrahman “Gus Dur” Wahid, pur condannando le atrocità commesse a Gaza, esclude qualsiasi motivazione di carattere religioso e invoca la “via diplomatica” per dirimere il conflitto. Gli fa eco la Commissione indonesiana per i diritti delle donne, che accusa la frangia estremista di mettere in circolazione “notizie fuorvianti” per raggiungere un fine politico: promuovere una visione integralista dell’islam nel Paese. Il 5 gennaio il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono aveva lanciato un appello alla nazione, invitando i cittadini a “non mischiare religione e politica” in merito al conflitto in Terrasanta.
Nel frattempo sono giunti a destinazione i primi aiuti umanitari inviati dall’Indonesia ai palestinesi della striscia di Gaza. Rustam S. Pakaya, capo della missione umanitaria e funzionario del ministero della sanità, ha consegnato il carico nelle mani del rappresentante palestinese Faiz Hamzah attraverso il valico di Rafah, al confine fra l’Egitto e la Striscia di Gaza.
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