INDONESIA
di Mathias Hariyadi
A una anno dal terremoto che sconvolse l'isola indonesiana, gli abitanti denunciano: mancano ancora scuole, case, strade e ponti. Gli sfollati vivono in capanne costruite con i propri risparmi. Le responsabilità di Ong e dell'Agenzia governativa per la ricostruzione.
Medan (AsiaNews) A un anno dal grave terremoto che l'ha distrutta, la piccola isola indonesiana di Nias, Nord Sumatra, ha bisogno ancora di tutto: scuole, case, ponti e strade. Colpita il 28 marzo da un sisma di 8,7 gradi questa zona, in gran parte popolata di cristiani, sembra essere stata dimenticata dagli aiuti delle grandi organizzazioni. Rispetto ad Aceh, su cui si è abbattuto lo tsunami del 26 dicembre 2004 e dove operano ancora 200 Ong, su quest'isola ne sono attive solo 60.
Il terremoto dell'anno scorso ha ucciso almeno 850 persone e lasciate altre 6 mila ferite. Le vittime del disastro, inclusi i bambini, ancora non possono usufruire di adeguate strutture scolastiche. Le lezioni si svolgono ancora in tende e alcune classi si riuniscono in case crollate.
Gli abitanti locali lamentano la lenta ricostruzione gestita dalla governativa Rehabilitation and Recostruction Agency for Aceh and Nias (Brr). Uno di loro, Assereli Zebua, 44 anni, direttore di una scuola elementare statale a Maliwa, denuncia: "Abbiamo inviato direttamente alla Brr un rapporto sulla situazione dell'isola tre mesi fa, ma ancora non abbiamo ricevuto risposta; nessuno del loro staff si è degnato di visitare la zona".
Secondo quanto riferisce il capo della Brr a Nias, Wiliam Syahbandar, il sisma ha distrutto 723 scuole su 879 totali. Egli spiega che l'agenzia ha già costruito 12 edifici scolastici. "E altri 98 sono in fase di costruzione aggiunge mentre l'Unicef provvederà a 75 scuole provvisorie".
Ma non sono solo le scuole a mancare. Il disastro ha causato 13 mila sfollati che ancora vivono in situazioni precarie. La Brr ha costruito solo 1448 case contro le 13 mila progettate. La maggior parte dei senza tetto vive in abitazioni temporanee, messe in piedi a proprie spese e che assomigliano più a capanne che a vere e proprie case.
Chi vive in zone remote ha ancora più disagi: i ponti non sono ancora stati ricostruiti e le strade riparate. La gente è costretta a fare ore di cammino per raggiungere una qualsiasi destinazione. Yanima Gea, 22 anni, deve camminare due ore dal villaggio di Halimbowo, nel sotto-distretto di Hiliduo, per fare la spesa nel villaggio più vicino.
Paul Dillon, portavoce dell'International Organization for Migration (Iom), spiega che la maggior parte delle infrastrutture a Nias è stata distrutta; il 70% di tutti i ponti non è più utilizzabile; la strada principale da Sitoli Mount a Teluk Dalam è ancora impercorribile per la mancanza di ponti.
Proprio sulla ricostruzione dei ponti si concentra il lavoro dello Iom. "La ricostruzione e la ripresa di Nias si giocano sulla riattivazione dei collegamenti" ha detto Dillon.
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